Charles Melman – Le strutture lacaniane delle psicosi 1

Le strutture lacaniane delle psicosi

Charles Melman – psichiatra, psicanalista, Parigi

Napoli, 29-30 maggio 2009

29.05.2009     I parte

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Presentazione del dott. Mario Bottone

Charles Melman è stato un allievo di Lacan, psicanalista dell’ ALI, è psichiatra ed è stato fondatore nel 1982 dell’Association Freudienne Internationale, diventata nel 2001 l’ Association Lacanienne Internationale. Il dottor Melman da moltissimi anni esercita come psicanalista, ha esercitato per tantissimi anni anche come psichiatra negli ospedali e tiene periodicamente dei seminari per la formazione degli psicanalisti a Parigi presso la sede dell’ALI, di cui il nostro gruppo di Napoli fa parte. Tra i seminari del dottor Melman dedicati alle psicosi ce ne sono alcuni, tra cui uno del 1983-1984 intitolato le Strutture lacaniane delle psicosi da cui abbiamo preso il titolo per i nostri seminari, un altro del 1994-1995 Ritorno a Schreber e uno del 1999-2001 intitolato Le paranoie.

Siamo ben felici di accogliere, per la prima volta, il dottor Melman a Napoli. Colgo, quindi, l’occasione per ringraziarlo dell’invito raccolto circa un anno fa e di ringraziare la dott.ssa Janja Jerkov, che gentilmente oggi ci farà da traduttrice. Passo allora la parola al dottor Melman.

 

Dott. Melman: Grazie Mario, grazie cara traduttrice, grazie di avermi invitato a Napoli. In un primo tempo vi proporrò di riflettere e, successivamente, accoglierò vostre domande discutendone insieme. Parleremo di psicosi, vale a dire di malattie della psiche, ma noi non sappiamo cosa sia la psiche, dunque ci accingiamo a parlare di malattie di un’istanza che non conosciamo e sono sicuro che se ci fosse uno psicotico nel nostro pubblico, farebbe subito un’osservazione. Direbbe: “ecco voi di cui si dice che siete ragionevoli…ragionanti… normali parlate di qualcosa che non sapete assolutamente in cosa consista”. Nel  nostro caso si traduce la parola greca “psiche” in latino, allora si dice lo spirito, spiritus, mens, l’anima, ma continuiamo a non sapere cosa sia quest’istanza di cui noi parliamo delle sue malattie. La sola cosa interessante della psiche è evidentemente il mito della sua nascita. Lacan ricorda il mito di Psiche[1] figlia di Poros di Penìa, cioè figlia della ricchezza e della povertà, e non è male mettere la nostra vita psichica sotto il segno della ricchezza e della povertà. Ma questo ipotetico psicotico che sarebbe nel nostro pubblico, porrebbe una seconda questione, ovvero qual è la localizzazione della psiche, qual è il suo domicilio. Forse il cuore? Il fegato? Il cranio? È evidente che quando ci sono malattie, traumi del cranio, ci sono malattie della psiche e dunque possiamo pensare che la sede della psiche sia l’encefalo. E qui arriva uno che si chiama Freud, il quale dice che ciò che costituisce il centro della psiche, non è situato nel cranio ma sotto il diaframma, nel sesso. Voi sapete come il suo primo grande lavoro neurologico, aveva a che fare con le afasie, afasie ovvero malattie neurologiche, legate a un disordine cerebrale, che si caratterizzano per impedimenti nel parlare per il malato che ne soffre. È a partire da questo lavoro neurologico, che lui passerà a quell’altra impossibilità di parlare, che osserva con le isteriche. La cui causa non è più effettivamente nel cranio, non più legata a lesioni cerebrali, ma un impedimento di ordine sessuale. Ecco come bruscamente il luogo che comanda la parola, che comanda il pensiero, si trova per Freud  spostato e, per la prima volta nella storia, situato nel sesso.

Dobbiamo fare ancora un passo, poiché il funzionamento sessuale è sempre legato ad un altro mediante una relazione. Contrariamente alla vita degli animali, noi umani non abbiamo affatto un comportamento sessuale innato; l’animale è tranquillo perché i suoi comportamenti istintivi sono innati, non se li deve costruire, mentre in quella specie animale che è la specie umana, non si trovano affatto comportamenti sessuali innati, noi sappiamo che tale comportamento deve essere costruito da ciascuno nella relazione all’altro. Nello scambio verbale con l’altro. Questo primo altro per ciascuno di noi, sono evidentemente i genitori, allora se è nel discorso che ci è venuto dai genitori, se è in ciò che il bambino ne ha ritenuto e se la questione del suo comportamento successivo dipende dalla posizione di fronte al discorso dei genitori, si vede subito che la causa di un eventuale turba psichica, e la sua localizzazione non è nel cranio, non è sotto il diaframma, nel sesso, ma nel discorso che gli è venuto dai genitori e nel discorso che è capace di riprendere per conto proprio con altri. Ecco ora che la causa delle turbe psichiche non è più all’interno del corpo ma situata nel discorso che il soggetto ha ricevuto e che è capace di riprendere a suo proprio conto. Dicendo tutto ciò sono strettamente freudiano. Non è ancora l’apporto lacaniano, ciò che sto dicendo è freudiano, poiché come sapete Freud ritiene che le nevrosi sono legate al fatto che l’adulto è rimasto nella sua posizione infantile nei confronti del discorso dei genitori e che non lo autorizza a utilizzare lo strumento che il suo stato di adulto gli raccomanda di utilizzare per poter a sua volta esercitare una vita sessuale. Dunque ciò che dice Freud è che i nevrotici sono rimasti dei bambini e non si autorizzano a utilizzare lo strumento al quale la loro età di adulti conferisce diritto. Freud conclude che le nevrosi sono un modo di difendersi contro la sessualità ed è qui che Lacan apporta dati nuovi ed originali, dicendo che la psicosi è quando il malato non si difende dalla sessualità, perché nel discorso così come lo ha recepito dai genitori ha completamente eliminato la sessualità e che per lui nel discorso, la sessualità è assente.

Per ritornare ancora a Freud, soffermiamoci sull’osservazione da lui fatta su cosa sia la libido. La libido vuol dire che in modo del tutto generale il significato, vale a dire tutto ciò che il linguaggio veicola aldilà degli oggetti che il linguaggio sembra avere di mira, questo significato è sempre sessuale. Detto altrimenti che nella lingua è il sesso che viene a inscrivere un limite, aldilà del quale si apre l’enigma del senso. Cosa vuol dire tutto ciò? È un genere di domanda che ognuno di noi nella sua esistenza si può porre. Cosa significa questo mondo in cui vivo? Questo mondo di oggetti che posso cogliere? Qual è l’aldilà che sostiene questi oggetti? Allora se è esatto ciò che nella lingua fa limite, aldilà della quale risuona il senso sessuale, la psicosi si distingue nel fatto che nel suo discorso non c’è nulla che faccia limite, non c’è limite uno, ma ci possono essere limiti molteplici, che animano la diversità dei deliri e l’unico modo spontaneo di guarigione per uno psicotico è strutturare un delirio di persecuzione, vale a dire designare la figura di un persecutore, colui che verrà ad inscrivere un limite nella sua parola, nella sua frase, salvo che essere nella paranoia lui stesso questo persecutore; detto in altro modo, il modo spontaneo che ha lo psicotico di guarirsi è riuscire a dare un senso al suo delirio, designando nella figura del persecutore questo aldilà del suo limite, che a partire da questo momento organizza tutto il suo pensiero e le sue azioni, come fa Schreber.

Come sapete, Schreber sacrificherà la propria virilità, che in tedesco, come lo ricorda sia Freud che Lacan, si dice Entmannung per fare un taglio, aldilà del quale lui stesso, trasformato in donna, dà un senso sessuale al discorso. Ecco, allora, che lui si sacrifica per divenire La Donna e dà un senso sessuale al discorso. Ed è a partire da questo momento che vi è sedazione del suo delirio. L’unica differenza rispetto ad uno stato normale è che questa posizione non viene simbolizzata, in modo tale che lui è costretto a guardarsi in continuazione vestito da donna nello specchio, perché questo senso sessuale sussista, senso di cui la sua immagine e il suo corpo divengono dei garanti. Vi faccio notare che nella nostra religione ciò che si chiede al prete è anche il sacrificio della sua virilità e questo perché nell’Altro si mantenga il senso sessuale. Ma quest’ultima è un’operazione puramente simbolica. La differenza che osserviamo con Schreber è che per lui è un’operazione reale.

Quindi, il perché vi ho presentato questo percorso è perché il vostro accesso al concetto lacaniano di forclusione del Nome del Padre non funzioni per voi come un argomento di autorità, ma perché voi cogliate secondo quale percorso logico Lacan è stato portato a vedere in questo meccanismo di difesa contro la sessualità la causa della psicosi.

La questione rimasta aperta per noi e per voi è se possiamo approcciare la psicosi in modo scientifico. Per avere un approccio scientifico di qualsivoglia ambito bisogna in primo luogo specificare il suo campo, e in secondo luogo, all’interno di questo campo qual è l’elemento unitario, che in questo campo fa uno. Fino a che non avremo abbordato la psicosi riuscendo a isolare l’elemento costitutivo del suo campo e qual è l’elemento uno del suo campo, quell’elemento la cui combinatoria produrrà i vari elementi che si osservano, noi saremo sempre alla tappa prescientifica della questione. Questo è lo stadio attuale della psichiatria. Vale a dire che nel campo della psichiatria siamo rimasti dei primitivi.

Vi ho fatto osservare prima, che ci accingiamo ad affrontare le malattie della psiche ma non siamo in grado di dire cosa sia la psiche. La linguistica, la scienza della lingua, ha cominciato quando De Saussure ha potuto dire quale era l’elemento uno del suo campo. Per Saussure l’elemento uno non era la parola, ma il significante, quell’elemento che apporta un carattere differenziale alla lingua. Quello che apporta Lacan in quest’ambito è che se è vero che la causa della nostra vita psichica non è l’involucro del nostro corpo ma il discorso che ci lega agli altri, vediamo che è proprio l’organizzazione linguistica della lingua che organizza la nostra vita psichica.

Quando ero un giovane interno della clinica psichiatrica, c’era in Francia un professore molto anziano che si chiamava Barrique morto a centodieci anni. Ebbene egli era convinto che la causa della malattia psichica erano i colibacilli nell’intestino e quindi dava a tutti i malati un trattamento per il colibacillo; era un uomo sapiente e ragionevole, ma mi ha insegnato una cosa. Un giorno che mi annoiavo per i corridoi e anche lui, mi ha chiesto “sapete fare un osservazione psichiatrica?”. Questa è una buona domanda, perché quando siete davanti a un malato che cosa ritenete essere dei segni distintivi importanti? Io gli ho risposto di non saper fare di queste osservazioni (venivo allora dagli studi di medicina) e lui mi ha detto dunque di andare con lui. Si è seduto ai piedi del letto di un malato, mi ha chiesto di sedermi accanto e mi ha detto di prendere carta e scrivere. Io ho detto di sì, ma che cosa avrei dovuto scrivere? “Scriva tutto quello che l’ammalato dice” ha detto. Lui comunque sapeva che la malattia era nel suo discorso e che era l’analisi di quel discorso che avrebbe permesso di cominciare a comprendere cosa fosse questa malattia.

Allora cos’è il Nome del Padre? Suppongo che abbiate studiato già la questione. Lacan dice il Nome del Padre come lo dice la nostra religione. Allora questo vuol dire che se come dicevo prima, ogni discorso ha un senso sessuale, questo vuol dire che aldilà del limite che impone il discorso in quello che Lacan chiama il Reale vi è un’istanza una, che è il supporto del senso sessuale e questa istanza è ciò che la nostra religione nomina Padre, le conferiamo un significante, la chiamiamo Padre in modo che è una delle modalità di difesa dalla sessualità, perché è in modo molto generico che ci difendiamo dalla sessualità, naturalmente la rimozione è il grande mezzo che adoperiamo, questa rimozione che Freud chiama Verdrängung, ma, come fa notare Lacan, in Freud c’è un altro termine distinto da Verdrängung, che è il termine Verwerfung, che Lacan traduce con un termine di connotazione giuridica, vale a dire forclusione. Forclusione vuole dire che il significante il cui significato è la sessualità, il significante Padre, non è semplicemente rimosso nel discorso del soggetto, ma è tagliato, eliminato, assente il che vuol dire che a partire da questo momento il soggetto si trova in balia di un discorso che non ha più né limite, né senso né direzione e nel quale è perduto.

È di grandissima audacia da parte di Lacan volere mostrare in questo modo che i fenomeni della psicosi dipendano da meccanismi di difesa specifici dalla sessualità e che con la forclusione il togliere via di questo elemento uno, che dona non solamente un senso sessuale al linguaggio, ma che permette anche l’isolamento dei concetti, vale a dire ciò da cui nella catena fonematica si ritaglieranno le parole, ognuna delle quali diventeranno un uno, ebbene questo è molto audace da parte di Lacan. Voler fondare, cioè, il campo possibile delle psicosi mostrando che il loro supporto è linguistico e che l’elemento uno in causa, nominato Padre, che Lacan più tardi nominerà come i “significanti padroni”, “significanti mâitres”, è ciò che permette al pensiero speculativo l’organizzazione in concetti. Esso fa sì che in loro mancanza lo psicotico sia preso in una catena sonora, in cui il ritaglio in unità significanti è assolutamente arbitrario, ed è per questo che [Lacan] conferisce tanta importanza al neologismo, poiché il neologismo mostra che in questo paziente ciò che gli viene dall’Altro è abbandonato ad un ritagliamento assolutamente fortuito e aleatorio, che non appartiene al discorso comune.

Vi racconto un altro breve aneddoto prima di fermarmi. Nel seminario sulle psicosi Lacan racconta di aver esaminato una malata che era un caso molto difficile perché non riusciva a stabilire se si trattasse di una psicotica, poi dice: “un momento…ha utilizzato un termine, un neologismo che mostra che è psicotica, il termine è galoppinare” in francese questo termine ha ambiguità semantiche con l’organo sessuale e lui dice “ecco”. Devo dire che in quell’occasione Lacan non ha avuto fortuna, perché la parola galoppinare è nel dizionario. Comunque, è interessante perché la parola è stata introdotta nel XIX secolo da Zola nel suo romanzo Germinale, allora dovremmo chiederci perché Zola ha introdotto questo neolo-gismo, siccome Zola non era folle si trattava di un neologismo poetico, ma anche nei folli ci sono dei neologismi poetici? Come sappiamo questa capacità poetica degli psicotici non è sufficiente per tirare fuori un reale che sia stabile e che abbia un senso sessuale, vi rimando volentieri ad un libro notevole di un francese, una poesia francese che si intitola “Per finirla con questa idea di Dio”. Conoscete l’autore? È Artaud. Allora se volete comprendere il seminario di Lacan leggete questo libro e vedrete che, con il genio che gli era proprio, Artaud scrive il linguaggio dell’Altro, cioè colui che in ognuno di noi è costituito da ciò che è rimosso, e riconoscerete in questo assemblaggio di fonemi che non hanno alcun senso nient’altro che elementi messi in opposizione fonetica e la cui ripetizione finisce per avere una sorta di risonanza fonetica. Peccato che non ho questo libro con me, perché ve ne avrei letto un poco e avreste visto gli effetti. È stato registrato e si può ascoltare. È assolutamente trascinante e magnifico.

Ma per restare alle nostre questioni, voglio solo che voi notiate che quando Lacan chiama il suo articolo pubblicato negli Scritti, “Di una questione preliminare ad ogni trattamento possibile di una psicosi, la sua questione preliminare è la seguente: siamo capaci di delimitare gli elementi del campo proprio alla vita psichica? Siamo capaci di delimitare l’elemento uno, la cui combinatoria ha tutti gli effetti che conosciamo nella vita psichica? Ed è forse la forclusione questa istanza che fonda questa unità del campo? Vale a dire la forclusione dell’istanza paterna? Cosa può di per sé spiegare la proliferazione delle psicosi? Ecco cosa è offerto alla vostra giovane attenzione, vale a dire, ciò che si propone al vostro lavoro, poiché Lacan come tutti gli insegnanti amava che i suoi allievi sapessero bene ciò che lui aveva cercato di trasmettere, ma non gli bastava affatto, non voleva che i suoi allievi semplicemente recitassero il suo insegnamento, ma la questione era che cosa ne avrebbero fatto. Spesso oggi i giovani ricercatori dicono che il tempo delle scoperte è passato, ma nel campo delle psicosi tutto resta ancora da scoprire, il che fa sì che, per coloro che hanno un po’ di ambizione e di capacità, molte cose restino da fare perché la nosografia delle psicosi è ancora molto imperfetta e, nonostante Freud e Lacan, siamo rimasti degli ignoranti riguardo le conseguenze che poi ci sono sul piano terapeutico.

Dunque, questi elementi a cui vi interessate portano con loro un certo numero di speranze e per darvi voglia di lavorarli ancora, tenterò domani per mostrarvi in che modo essi si applicano,  per comprendere le modificazioni attuali alle quali noi assistiamo e in particolare il declino del nome del Padre nel mondo occidentale ma non in tutte le culture. Bene questo era un antipasto.

 

dibattito

 

Charles Melman: Allora prima di passare alle domande, prima vi ho parlato di Poros e Penia, vorrei chiarire quanto detto. È evidente che è l’amore che determina la nascita… ma siccome siete gentili mi avete segnalato questo lapsus. Ho messo amore al posto di psiche. Allora perché ho fatto questo lapsus…

 

Dott. Bottone: Possiamo aprire il dibattito. Vorrei sottolineare alcuni punti della relazione del dottore Melman. Il dottore ha sottolineato che la clinica delle psicosi, come la psicoanalisi insegna è clinica del discorso. Lacan ha sottolineato nel terzo seminario che in rapporto al discorso possiamo fare diagnosi di psicosi. Nel III seminario Lacan opera una critica feroce alle relazioni di comprensione la cui concettualizzazione fu effettuata da Jaspers nel 1932. Lacan utilizzò questo concetto nel ‘32 all’epoca della stesura della sua tesi, concetto che fu un punto di riferimento importante per Lacan. Lacan abbandona le relazioni di comprensione nel III seminario, di fatto collocandole nell’Immaginario. Rende qui il discorso, un luogo a partire dal quale si può effettuare diagnosi di psicosi. Questo mi sembra un punto molto rilevante che il dottor Melman ha ampiamente sottolineato. Il dottor Melman ha sottolineato, poi, la questione del sessuale. Questione che nel III seminario Lacan allaccia alla questione della procreazione. Lacan ne parla a proposito dell’isteria a partire dagli studi di uno psicanalista ungherese Joseph Hasler, che mette in evidenza una gravidanza isterica[2] ed inoltre mette in rapporto questa questione col caso Schreber. A tal proposito Lacan ci dice una cosa molto importante, ovvero che nel Simbolico c’è un buco nel sapere, per quanto riguarda la generazione di un essere, c’è un limite nel sapere. Limite che si articola diversamente per ciò che riguarda la psicosi e l’isteria. Questa è una questione che noi abbiamo lavorato ed è per noi molto importante chiarirne gli aspetti. Vorrei che lei ci chiarisse gli aspetti differenziativi tra la questione della procreazione e del sesso nell’isteria e nella psicosi e l’articolazione della sessualità con la forclusione, dato che ha studiato molto approfonditamente entrambe le patologie.

Melman: Ho lavorato in un ospedale di Parigi che si chiama Sainte Anne, un ospedale psichiatrico. Io lavoravo nel reparto uomini e credo di aver avuto una buona esperienza con gli uomini, ma la domenica mattina una volta ogni due settimane dovevo andare nel reparto donne. Esaminando le donne, devo dire che non ci capivo più nulla. Non ci capivo nulla… D’altronde ero un giovane dottore, perché queste malate avevano delle reazioni molto simpatiche e piacevoli e faticavo non poco per capire che cosa fosse d’ordine psicotico in loro e cosa non lo fosse. Come sapete Lacan ha questa formula formidabile in cui dice che la donna non è tutta (pas toute) fallica. Non tutta fallica vuol dire che il loro godimento non è tutto di ordine fallico, ha anche un godimento di altro tipo. Ma se il godimento fallico è ciò su cui si fonda il norme-mâle[3], il  “normale”, se la donna non è tutta fallica, non è tutta norme-mâle, “normale”, vuol dire che una donna ha una vocazione ad essere sempre un po’ folle, cioè di sfuggire ai limiti ed alla padronanza fallica.

Tutte le disfunzioni coniugali girano intorno a questo. Tutto questo discorso vuol dire che bisognerebbe studiare i problemi della psicosi in una donna come originali rispetto alla psicosi in un uomo. Non si sovrappongono perfettamente e vedete che qui c’è tutto un campo di studi che si apre. La psicosi femminile non è affatto la stessa cosa della psicosi nel maschio, non fosse altro che per il fatto che ogni donna può venire a sostenere la soluzione schreberiana, vale a dire farsi organizzatrice del senso sessuale e senza aver bisogno di sacrificare alcunché. Dunque per rispondere alla sua eccellente domanda Mario, la questione della forclusione del Nome del Padre ha sensi necessariamente diversi a seconda che si tratti di uomini o di donne. Quanti di voi hanno lavorato con l’omosessualità femminile possono verificare come possa funzionare con la forclusione eventuale del Nome del Padre. Vale a dire facendo a meno della referenza paterna. È per questo che, oggi, le coppie omosessuali femminili hanno la vocazione ad adottare bambini, ovvero per la forclusione del Nome del Padre. Sarebbero questioni da sviluppare molto. Ma questa vuole essere una risposta alla sua domanda rispetto l’isteria, che può essere una provocazione del Nome del padre, e la psicosi femminile. Pur sapendo che le donne possono funzionare con una sessualità certa, dispensandosi dal Nome del Padre, ma qui si apre il terreno di tutto uno studio che andrebbe sviscerato. Per anticipare ciò di cui parleremo domani, vediamo che la fabbricazione dei bambini in provetta è anche questo un modo per forcludere il Nome del Padre. Vediamo che quello che chiamiamo progresso, ovvero il nostro affrancarci da ogni costrizione, nei confronti di ogni costrizione del sacro, può invitare a funzionare in ragione della forclusione del Nome del Padre, vuol dire che la società diventa folle? A voi la risposta.

 

Dott.ssa Marisa Fiumanò: Capisco adesso ciò che lei sostiene nel suo libro, ovvero che la nostra cultura è caratterizzata da un meccanismo di perversione che serve a proteggerci da una psicosi sociale. Perché ciò che sta dicendo, adesso, esemplifica cosa vuole intendere per psicosi sociale. Ma, perché si ricorrerebbe ad un meccanismo perverso per evitare la psicosi? Ad esempio, nel caso da lei citato, l’omosessualità femminile per evitare una psicosi franca?

 

Melman: Finché l’indicazione dell’oggetto di godimento è netto, preciso e chiaro, questa indicazione, riesce ad organizzare la vita psichica e la sua coerenza, il che fa sì, che in questi casi di perversione l’elezione dell’oggetto reale e non della sua rappresentazione, ma l’elezione di un oggetto reale, può bastare a fornire un asse alla vita psichica, un senso una dinamica, persino un’attività poetica, e il meccanismo periodico della privazione può spiegare che il rapporto a questo oggetto non divenga troppo invadente e detestabile. La storia di Winnicott e del Fort-da, che riprende la storia di Freud, lui la teorizza come oggetto transizionale, nella misura in cui il bambino lancia quest’oggetto e grazie ad uno spago lo fa ritornare e poi lo ributta e poi lo fa tornare, fa vedere bene come il bambino attraverso un meccanismo sperimentale di frustrazione-soddisfacimento [crea qualcosa di simile a quello che] possiamo vedere oggi, in quanto ci sono molti rapporti amorosi costruiti in questo modo, vale a dire che la condizione di separarsi e poi di ritrovarsi, per separarsi meglio e poi per ritrovarsi meglio è oggi un’organizzazione di una vita di coppia che può durare.  Credo che risponda a ciò che lei ha evocato.

 

Dott. Bottone: Altre domande?

 

Giovanni Fazzini: Vorrei che lei mi chiarisse alcuni aspetti della relazione narcisistica all’interno delle psicosi.

 

Melman: La relazione narcisistica all’interno delle psicosi, può oscillare tra un sentimento di indegnità assoluta come nella melanconia, o un sentimento di perfezione assoluta come nel delirio di grandezza o la paranoia. Si tratta dunque di identificazioni diverse nello psicotico che possono spiegare queste differenze nel suo senso narcisistico. Una dimensione che possiamo chiamare normativa è rappresentata da una serie di incertezze o di dubbi riguardo al proprio valore e per questo ognuno di noi cerca costantemente di essere amato e dunque ad essere confermato nel proprio valore, ma nello psicotico si è in una dimensione che è quasi sempre in quella della certezza. Non c’è interrogazione aperta sul proprio valore ma certezza o sul fatto che vale meno di niente o sul fatto che è il più grande della terra. Anche qui avete nell’insegnamento di Lacan una distinzione che permette a voi di reperire…, come sapete Lacan è colui che ha introdotto nell’insegnamento di Freud la nozione di oggetto a, che Freud ignora completamente, tranne che in un articolo che parla dell’equivalenza delle feci,  del denaro, del pene e il seno, un articolo straordinario, ma anche qui non concettua-lizza l’oggetto a. Ora in questa differenza del narcisismo nello psicotico si vede bene che nel delirio di grandezza lui si prende per quell’Uno, originale, creatore, cioè il Padre, lui stesso, e poi nella melanconia in cui diventa un miserabile escremento, che bisogna buttar via, si identifica sempre all’oggetto a.  Quindi trovate nella concettualizzazione lacaniana ciò che vi permette di reperire la differenza di supporti di questi due narcisismi. Ma sapete conoide-rarsi un niente, come fa il melanconico… prendersi per niente vuol dire prendersi anche per un niente molto considerevole dato che il niente possiamo dire che è aldilà di tutti i beni. Suppongo che voi conosciate una storia umoristica sul niente, in cui vi sono un prete, un pastore protestante e un rabbino. Il prete dice “sapete io sono niente”, il pastore dice “io sono niente di niente”, il rabbino allora dice: “io sono niente di niente di niente”. Gli altri lo guardano e dicono tra loro: “ma chi crede di essere questo?”. Dunque credere di essere niente, non è proprio niente. La clinica della melanconia è di una dimensione interessante, poiché il melaniconico si considera un niente, che non è un niente.

 

Dott.ssa X: A proposito della melanconia, nella mia attività clinica non mi è mai capitato di imbattermi nel fenomeno del neologismo che citava prima. Vorrei sapere come viene posta questa questione nella melanconia, a proposito anche del valore sessuale del linguaggio.

 

Melman: Il neologismo segnala un altro senso possibile che non è sessuale, ma il paziente non sa che senso sia. Ma credo che abbia ragione, nella melanconia non c’è un vero neologismo, è un fenomeno interessante. Per il melanconico non c’è altro senso che la propria indegnità. L’indegnità è tutto ciò che riempie la dimensione del senso, tutto fa senso per significare la sua indegnità, dunque non c’è senso altro. Sarebbe già la guarigione se ci fosse un altro senso.

 

Dott. Gaetano Romagnuolo: Vorrei che mi chiarisse alcuni aspetti a proposito della libertà per lo psicotico, di cui parla Lacan nel suo “Discorso sulla causalità psichica”, in cui parla della ricerca dello psicotico della libertà oltre il limite del linguaggio.

 

Melman: Lacan dice che la follia è il limite della nostra libertà. Ciò vuol dire che a volerci liberare di ogni costrizione e di ogni limite sfociamo nella follia. Quanto al folle, non si può dire che è libero, perché non ha divisione possibile ed è sottomesso riguardo ai significanti che lo comandano. L’unica libertà che possiede un soggetto che possiamo definire normale è la sua divisione rispetto al significante, vale a dire che ai significanti che lo comandano può sempre disobbedire o prendere la distanza per riflettere o per decidere altrimenti, ma per il folle non è possibile.

 

Dott.ssa Janja Jerkov: E per l’ossessivo?

 

Melman: Sì che ha la possibilità, ma ha paura di averla. Ha paura di non resistere alle sue pulsioni, ma può sempre resistere. Il problema è che non vuole saperne di divisione.

 

Dott. Mario Bottone: Volevo fare una considerazione a proposito di melanconia e paranoia. Molte volte mi sono confrontato con il dottor Czermark, anche quando ho tradotto alcuni suoi testi. Czermark spesso mi ha detto che la melanconia e la paranoia sono la stessa questione, cioè che nella melanconia il κακον, ovvero l’oggetto cattivo è dentro, nella paranoia è fuori, ma noi spesso vediamo nella clinica l’evoluzione della paranoia in melanconia. Vi è quindi un’articolazione molto interessante tra la paranoia e la melanconia, più che entità distinte una dall’altra possono essere considerate come unificate.

 

Melman: Bisognerebbe che Marcel Czermark, che è un finissimo clinico fosse qui per discuterne. Da parte mia non ho mai visto la trasformazione di un paranoico in un melanconico, ma può darsi che Czermark nella sua attività l’abbia osservato, l’unica cosa che ho visto in un paranoico e che mi ha colpito molto è che era qualcuno che aveva rivendicazioni verso l’autorità per ottenere una pensione. Scriveva a tutte le autorità, compreso il Presidente della Repubblica, per ottenere questa pensione e quando la lettera è arrivata al Presidente della Repubblica, la polizia è andato a cercarlo e lo ha portato all’ospedale. Tutte le mattine avevo degli incontri con lui. Arrivavo molto presto al mattino per poter parlare con lui, con questa mia questione personale, cioè se fosse possibile nello stabilirsi di un dialogo, far smuovere una posizione paranoica. In capo a tre mesi ci sono riuscito. Ha cessato di avere un delirio di rivendicazione, per cominciare ad avere un delirio di gelosia….Ha cominciato a perseguitare la moglie perché era persuaso che lei lo ingannasse e adesso finalmente aveva capito. Quindi, in un certo senso è un progresso perché non scriveva più al Presidente della Repubblica, il fatto di poter trasformare un delirio di rivendicazione in uno di gelosia è comunque qualcosa!

Ci vediamo domani alle dieci.

 


[1] Lapsus del dott. Melman, qui di seguito il riferimento è alla nascita di Eros, non di Psiche.

[2] Si tratta del caso di un giovane conducente di tram, durante la rivoluzione ungherese, all’inizio del ‘900, in cui emerge un fantasma di gravidanza. Il caso esaminato è riportato da Lacan nel Seminario III a proposito della “questione isterica” (vedi Seminario III. Le Psicosi, Einaudi, To, 1981, p. 198). [NdR]

[3] Norme-mâle  gioco di parole utilizzato da Lacan, composto dai termini norma-maschile, il riferimento è alla normalità, ossia alla norma maschile, intesa come iscrizione sessuata rispetto al fallo: averlo per l’uomo/ non averlo per la donna. [NdR]

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