Citazioni sull’angoscia tratte da J. Lacan, Il Seminario, Libro X,
L’angoscia 1962-1963, tr. it. per Einaudi, Milano 2007
- La via psicoanalitica all’angoscia: «Non ho preso la via dogmatica di far precedere quello che ho da dirvi dell’angoscia da una teoria generale degli affetti. Perché? Perché qui non siamo degli psicologi, siamo degli psicoanalisti. Non vi sviluppo una psico-logia, un discorso su quella realtà irreale che si chiama psiche, ma un discorso su una prassi che merita un nome: erotologia. Si tratta del desiderio. E l’affetto da cui siamo forse sollecitati a far sorgere tutto ciò che questo discorso comporta come conseguenza, non generale ma universale, sulla teoria degli affetti è l’angoscia» (pag. 18).
- L’angoscia dei filosofi: «Tenteremo, quest’angoscia, di prenderla sotto braccio. Non per questo saremo più indiscreti. Ciò ci porrà davvero a quella distanza opaca, credetemi, che ci separa da coloro che ci sono più vicini. E allora, tra la Cura, la serietà e l’attesa, pensate forse che è così che ho voluto circoscriverla e incastrarla? Ebbene non lasciatevi trarre in inganno. Essa non è da cercare lì in mezzo» (pp. 10-11).
- La matrice e l’angoscia (pag. 16 e come matrice completa pag. 84):
Difficulté →
Mouvement ↓ |
Inhibition (Inibizione) | Empêchement (Impedimento) | Embarras (Imbarazzo) |
Émotion (Emozione) | Symptôme (Sintomo) | Passage à l’acte (Passaggio all’atto) | |
Émoi (Turbamento) | Acting-out | Angoisse (Angoscia) |
- Angoscia e dubbio : «Quello che attendevamo, in fin dei conti, è che la vera e propria sostanza dell’angoscia è il ciò che non inganna, il fuor di dubbio» (pag. 83).
- Angoscia e reale: «Solo la nozione di reale, nella funzione opaca che è quella di cui parlo per opporle la funzione del significante, permette di orientarci. Possiamo già dire che l’etwas, di fronte al quale l’angoscia opera come segnale, è dell’ordine dell’irriducibile del reale. È in questo senso che ho osato formulare di fronte a voi che l’angoscia è, fra tutti, il segnale che non inganna» (pag. 174).
- Angoscia e affetto: «L’angoscia che cos’è? Abbiamo scartato che si tratti di un’emozione. Per introdurla dirò che è un affetto (…). Quel che invece ho affermato dell’affetto è che non è rimosso. Freud lo dice allo stesso modo» (pag. 17).
- Angoscia, io e trauma della nascita:
«L’ultimo pensiero di Freud ci indica che l’angoscia è un segnale nell’io. Se questo segnale è nell’io, deve essere da qualche parte nel luogo dell’io ideale» (pag. 127);
«Freud ci dice che l’angoscia è un fenomeno di bordo, un segnale che si produce al limite dell’io quando è minacciato da qualcosa che non deve apparire. Questo qualcosa è a, il resto, aborrito dall’Altro. Come mai il movimento della riflessione e i binari dell’esperienza hanno portato gli analisti – Rank dapprima e Freud sulle sue tracce – a trovare l’origine dell’angoscia al livello pre-speculare e pre-autoerotico della nascita, dove nessuno, nel concerto analitico, si è mai sognato di parlare della costituzione di un io? È la prova che, se in effetti è possibile definire l’angoscia come segnale e come fenomeno di bordo nell’io quando l’io è costituito, si tratta sicuramente di una definizione non esaustiva» (pag. 129).
- Angoscia e fantasma:
«Quest’anno l’oggetto a si pone al centro del nostro discorso. Se si iscrive nella cornice di un seminario che ho intitolato L’angoscia, è perché è essenzialmente per questa via che è possibile parlarne. Il che vuol dire anche che l’angoscia è la sua solo traduzione soggettiva. La lettera a che interviene qui è stata tuttavia introdotta da molto tempo. Si è annunciata nella formula del fantasma in quanto supporto del desiderio, ($◊a), $ desiderio di a» (pag. 109);
«Con questo voglio dire che la prima cosa da evidenziare per quanto riguarda la struttura dell’angoscia – e che trascurate sempre nelle osservazioni, affascinati come siete dal contenuto dello specchio, dimenticando così i suoi limiti – è che l’angoscia è incorniciata» (pag. 80).
- Angoscia e oggetto:
«È comunemente ammesso che l’angoscia è senza oggetto. Questa affermazione, estratta non dal discorso di Freud ma da parte dei suoi discorsi, io la rettifico con il mio discorso. Potete dunque stare certi che, come vi ho scritto con esattezza qui alla lavagna a mo’ di breve memento – e perché no? – essa non è senza oggetto» (pag. 97);
«È di quest’oggetto a, di cui abbiamo appena abbozzato le caratteristiche costitutive, e che mettiamo qui all’ordine del giorno, è di questo che si tratta sempre quando Freud parla dell’oggetto a proposito dell’angoscia. L’ambiguità dipende dal fatto che non possiamo far altro se non immaginarlo nel registro speculare. Si tratta allora di istituire qui un altro modo di immaginarizzazione, se posso esprimermi così, in cui si definisca tale oggetto» (pag. 45);
«Mi limiterò a farvi osservare che possono prodursi molte cose nel senso dell’anomalia e che non è questo ad angosciarci. Ma se, improvvisamente, viene a mancare ogni norma, ovvero ciò che costituisce l’anomalia e la mancanza stessa, se, improvvisamente, non c’è mancanza, è in quel momento che comincia l’angoscia. Provate a verificarlo in diverse cose» (pag. 47).
10. L’angoscia mediana fra il godimento e il desiderio:
«Oggi avanzerò su questa disposizione a piani per mostrarvi la funzione, non già mediatrice, ma mediana, dell’angoscia tra il godimento e il desiderio» (pag. 188);
«L’angoscia è dunque il termine intermedio tra il godimento e il desiderio, in quanto il desiderio si costituisce, una volta superata l’angoscia, come fondato sul tempo dell’angoscia» (pag. 189)
11. Angoscia e desiderio:
«…ho creduto di dover anticipare, a mo’ di parentesi nel mio intervento dell’anno scorso, una formula che vi indicasse il rapporto essenziale tra l’angoscia e il desiderio dell’Altro. Per coloro che non c’erano ricordo la favola, l’apologo, l’immagine divertente che davanti a voi avevo abbozzato. Indossando io stesso la maschera animale di cui si riveste lo stregone della grotta dei Tre Fratelli, mi ero immaginato, in vostra presenza, di trovarmi di fronte a un altro animale, vero però, supposto per l’occasione di dimensioni gigantesche: una mantide religiosa. Dato che non sapevo quale fosse la maschera che portavo, potete facilmente immaginare che non mi sentivo affatto rassicurato di fronte all’evenienza che la mia maschera si prestasse a trarre in inganno la mia partner circa la mia identità. La cosa era accentuata dal fatto, che avevo aggiunto, che non vedevo la mia immagine nello specchio enigmatico del globo oculare dell’insetto» (pp.7-8).
«L’Altro interessa il mio desiderio nella misura di quello che gli manca e che non sa. È a livello di quello che gli manca e che non sa che io sono interessato nel modo più pregnante, perché per me non c’è nessun altra strada per trovare ciò che mi manca come oggetto del mio desiderio. Proprio per questo non solo non c’è per me accesso al mio desiderio, ma non c’è nemmeno un sostentamento possibile del mio desiderio in relazione a un oggetto qualunque, se non lo si accoppia, annodandolo, con l’$, che esprime la necessaria dipendenza del soggetto dall’Altro in quanto tale» (pag. 27).
«Se l’io è il luogo del segnale, non è per l’io che il segnale viene dato. È evidente. Se esso si accende a livello dell’io, è perché il soggetto sia avvertito di qualcosa, ovvero di un desiderio, vale a dire una domanda che non concerne nessun bisogno, che non riguarda nient’altro se non il mio essere stesso, in altri termini: che mi mette in questione. Diciamo che mi annulla. In linea di principio, esso non si rivolge a me in quanto presente, si rivolge a me – se volete – in quanto atteso e, ancora di più, in quanto perduto. Esso sollecita la mia perdita affinché l’Altro vi si ritrovi. Ecco che cos’è l’angoscia» (pag. 165).